da 1.500 a 2.300 infermieri di comunità, 270 infermieri per le centrali operative territoriali, una settantina di altre figure tra personale sanitario e amministrativo, 640 infermieri, 430 operatori socio-sanitari e 140 fisioterapisti per gli ospedali di comunità, almeno 800 infermieri e 600 oss, ostetriche, autisti di ambulanza, psicologi e altri professionisti per trasformare le case della salute in case di comunità.
Queste persone servono per mettere in pratica quanto previsto dal decreto ministeriale 77/2022 sulla riorganizzazione e sviluppo dell’assistenza sanitaria a livello territoriale.
Lo affermano i sindacati confederali della sanità secondo i quali, nonostante questo fabbisogno, la Regione taglia sul personale, blocca il turn over, non sostituisce chi si dimette o va in pensione, costringe i lavoratori delle aziende sanitarie ad accumulare ore di straordinario e ferie non godute.
Per questo Cgil Cisl Uil hanno organizzato iniziative a livello territoriale, Modena compresa. La prima si svolge domani – venerdì 3 marzo – dalle 11 alle 13 presso tutti gli ospedali di città e provincia con un volantinaggio rivolto a cittadini e lavoratori.
La seconda iniziativa è un presidio in programma martedì 7 marzo dalle 10 alle 12 presso il Policlinico di Modena.
«Siamo preoccupati per le mancate risposte della Regione alle nostre istanze sul riconoscimento delle risorse necessarie alla valorizzazione del personale, alla sicurezza e qualità dei servizi del servizio sanitario regionale, a garantire i diritti contrattuali dei dipendenti – affermano Fp Cgil Emilia-Romagna, Cisl Funzione pubblica Emilia-Romagna e Uil Fpl Emilia-Romagna – Sicurezza, qualità e diritti devono necessariamente prevedere la completa sostituzione del personale cessato, la stabilizzazione di chi ne ha i requisiti e i rinnovi dei contratti a tempo determinato. Al contrario, la Regione intima alle aziende sanitarie di tagliare sul personale per esigenze di bilancio».
I sindacati aggiungono che spesso l’assessorato regionale alla sanità respinge questa accusa citando il saldo del personale assunto dal 2018 a oggi: +7.300 unità.
«In realtà – ribattono Cgil Cisl Uil – chi è stato stabilizzato o assunto negli ultimi anni ha solo “rattoppato gli organici” dopo quindici anni di tagli. Quelle assunzioni sono servite anche per garantire gli organici integrativi (sostituzione malattie, ferie, permessi a vario titolo), ora ridotti all’osso o addirittura assenti. Per esempio il 70% delle lunghe assenze, come maternità o malattie di lungo periodo, oggi non viene più sostituito».
Per i sindacati è impensabile garantire servizi aggiuntivi e funzionalità di strutture finanziate dal Pnrr riducendo gli organici. Tra l’altro il personale insufficiente sta allungando i tempi di attesa nei pronto soccorso e per le prestazioni specialistiche ambulatoriali e chirurgiche, mettendo a rischio non solo la rinomata qualità della sanità emiliano-romagnola, ma soprattutto il diritto alla salute dei cittadini.
«Dopo diversi solleciti, finalmente l’assessore Donini ci ha convocati il 7 marzo – annunciano Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl regionali –
Nel frattempo abbiamo deciso di riprendere un percorso vertenziale unitario e condiviso.
L’opinione pubblica deve sapere quanto per noi, e soprattutto per le donne e gli uomini che rappresentiamo, questo incontro sia determinante. Si sappia fin d’ora che non accetteremo risposte vaghe; senza fatti concreti valuteremo come proseguire la mobilitazione».