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Avevo chiesto a tutti i relatori del convegno del 3 novembre scorso che quella non fosse l’ennesima sfilata di buone intenzioni, ma un’occasione per andare dritti al cuore della questione, chiarendo bene le posizioni in campo su un tema centrale per tutte le comunità, come è quello della sicurezza che genera sviluppo.
Chiarissimo è stato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli, altrettanto netto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
E sì, ringrazio di cuore il nostro segretario generale Luigi Sbarra per il suo contributo: ha ribadito il ruolo essenziale di un modo di fare sindacato che sappia tenere col Governo in carica una posizione seria, propositiva e responsabile, nella consapevolezza che non sia un buon servizio al Paese alzarsi e andare via, sottraendosi al confronto.
Ora, vista l’eco che ha avuto il convegno co-organizzato col Siulp, mi pare utile tornare a evidenziare tre punti essenziali, almeno per noi di Cisl Emilia Centrale.
1️⃣ Non pensiamo che esista una sicurezza. Lavoriamo ogni giorno, invece, per costruire le sicurezze, al plurale: sicurezza urbana, sicurezza economica e sociale, sicurezza sui luoghi di lavoro, sicurezza digitale, ambientale, sanitaria. Sicurezza per prevenire il dissesto idrogeologico.
2️⃣La sicurezza è un tema che, come pochi altri, è in grado di stimolare la partecipazione e la curiosità delle comunità locali. Ascoltarle significa fatica e capacità non banale di trovare una mediazione, ma il risultato di riforme nate da quell’ascolto sarebbe duraturo nel tempo e in grado di sopravvivere ai legittimi cambi di maggioranza politica nel governo del Paese.
3️⃣Ho espresso un punto di vista semplice, anche al ministro: abbiamo bisogno di un Paese che impari ad ascoltare la voce dei suoi sindaci, scelti dalle comunità locali. Tutti, indipendentemente dal loro schieramento. Nessuno come loro conosce le comunità, nessuno come loro è interrogato dai cittadini. Nessuno come loro è in grado di stabilire se una riforma stia funzionando o stia complicando la vita delle persone, delle imprese e del patrimonio enorme rappresentato dalle associazioni del terzo settore. Ascoltare i sindaci e le comunità – prima e non dopo – sarebbe un buon controllo di gestione per l’Italia. Mettiamola così.