Quando si sceglie di fare sindacato, e di farlo sul serio, ci sono due impegni sacri.
Il primo: dire la verità e dirla anche quando fa male o non conviene.
Il secondo: stare coi piedi ben piantati dentro alla Comunità in cui si accetta di dare tutto e anche di più per difendere il diritto al lavoro dignitoso. Sono due impegni dai quali ne discende un terzo che si chiama: legalità.
Perché la legalità non si ottiene per decreto ma solo grazie ad un impegno collettivo, che chiama in causa il saper fare bene e fare insieme delle Istituzioni, degli imprenditori, degli ordini professionali, dei lavoratori e dei sindacati. Delle persone comuni, che coi loro comportamenti possono tenere tutto ciò che è tossico – e quindi illegale – fuori dall’uscio di casa.
Chi attacca la legalità lo fa a passo svelto e con la capacità di giocare su più fronti per aprirsi la porta del territorio: cerca sponde nell’economia locale, cerca i rapporti con la politica, si dimostra straordinariamente capace di usare le tecnologie più avanzate, sa come sfruttare le falle legislative e la lentezza della burocrazia pubblica, ferma a performance risorgimentali.
Difendere la legalità significa avere competenze a 360° e, per un grande sindacato come Cisl, questo comporta investire, tanto, sulla formazione del suo personale.
E’ quello che abbiamo fatto anche il 19 settembre scorso, chiamando a raccolta i nostri dirigenti che lavorano su Modena e su Reggio Emilia.
Rosamaria Papaleo, Segretaria generale di Cisl Emilia Centrale, spiega che “abbiamo unito due territori nella formazione perché la criminalità, che ad esempio agisce nel e col riciclaggio, gioca senza confini – fisici e virtuali, come quelli del web – mentre sono ancora tanti, troppi, quelli che pensano che ciò che sta al di là del ponte tra Marzaglia e Rubiera non sia fino in fondo una questione che riguarda tutti.
Dire la verità significa riconoscere che la mafia ‘ndraghetista ha posato gli occhi e il portafoglio in due zone ricche come Modena e Reggio Emilia.
Dove i numeri del riciclaggio fanno impressione:
nel 2023 Modena era la provincia dove più volavano le segnalazioni di riciclaggio (1.707). Nei primi sei mesi del 2024 Reggio ha superato Modena, piazzandosi al secondo posto in regione come numero di segnalazioni.
A Reggio abbiamo avuto tre maxi retate nei primi quattro mesi dell’anno, almeno 20 milioni di euro sequestrati in operazioni antiriciclaggio, decine di arresti e quasi due centinaia di indagati. E c’è un coraggioso procuratore capo della Repubblica che dice “Reggio è la capitale delle false fatture”. Perché c’è una voracità di segmenti dell’imprenditoria e di alcuni professionisti che fa impressione.
Dire la verità nel nostro sindacato significa, quindi, ammettere che nella lotta al riciclaggio – il grande bancomat dell’illegalità mafiosa – abbiamo uno Stato lento e tecnologicamente più arretrato rispetto ai criminali, che sfruttano, invece, benissimo il dark web e il digitale in genere.
Ancora una volta si tratta di realismo: l’ultima fase del riciclaggio, l’integration, si basa sulle tecniche per “ripulire” il denaro e reimpiegarlo in attività lecite.
Questo richiede una forte saldatura tra competenze professionali, conoscenze tecniche e un certo tipo di imprenditoria che – non solo con le teste di legno – offre la sua disponibilità, liberando iniziative che permettono un forte replacement di risorse sporche.
Dire la verità e vivere la Comunità in cui lavoriamo significa anche saper ascoltare. Ad esempio la voce dei tanti Sindaci reggiani e modenesi che chiedono di estendere le white list – occorre un decreto ministeriale – aggiornando gli elenchi dei settori considerati a rischio di infiltrazioni mafiose. E le white list vanno armonizzate: nel momento in cui arriva sul territorio un’impresa da fuori provincia che abbia anche solo richiesto la sua iscrizione alla lista (presso la Prefettura del territorio in cui ha sede), spesso i controlli sono difficoltosi e scoordinati. Nel tempo dei big data tutto questo ha del paradossale.
E allora, ben vengano le Consulte per la legalità, nelle quali Cisl è impegnata tantissimo. Con la richiesta che le consulte diventino meno il luogo in cui fotografiamo un problema e più delle war room con un forte senso operativo e propositivo”.